Ennio Gherlizza e il suo Cat

ennio Caro Ennio, come di certo sai, al CAT si pensava di scrivere due righe per te … in ricordo, purtroppo! Sebbene non sia mia abitudine ho pensato di provarci io; forse sento che te lo devo, dal momento che è toccato a me organizzare il tuo funerale (non avrei voluto, soprattutto per te che meritavi di meglio, ma, ne sono stata onorata). O, forse, rivendico per me un diritto di parentela, sia pure acquisita. Oppure perché, quando perdo qualcuno, sento sempre che avrei avuto ancora qualcosa da dirgli e che non ne ho più l’occasione. Non vorrei essere banale e usare quelle frasi fatte, uguali per tutti, e talmente scontate da non suscitare in chi legge alcuna emozione. Così ho creduto bene di ripercorrere assieme a te, i momenti più significativi della tua vita, a cominciare da quando bambino, orfano di padre ti ritrovasti in un Istituto. Tua madre, sola, era stata costretta a prendere questa dolorosa decisione per te, il suo figlio più giovane, per poterti garantire la sopravvivenza. Anni durissimi di solitudine e mortificazioni… ma, per fortuna, tutto passa e ti ritrovasti fuori con un lavoro, il fisico asciutto del ragazzino cresciuto troppo in fretta, con tanta voglia di riprenderti indietro il tempo perduto e di vivere finalmente a modo tuo.

Ed è qui che salta in ballo “Lui” il CAT! Una società alpinistica di una certa importanza, con un sacco di sezioni: roccia, sci… ma, soprattutto, grotta. D’improvviso ti trovasti a casa; con un nutrito gruppo di altri ragazzi come te esploravi questo nostro bellissimo Carso, ferito dalla guerra e spogliato dalla miseria della gente di allora, ma pur sempre ricco di fascino e grotte. Di certo lo trovasti meraviglioso! Sentivi che ti apparteneva per diritto di nascita e di DNA (eri di pura razza carsolina) e tu appartenevi a lui. Tutti voi, coglievate ogni occasione per affrontare lunghissime scarpinate, con mostruose montagne di materiale pesantissimo sulle spalle, lanciati all’avventura della ricerca… della scoperta… dell’esplorazione in grotte vecchie e nuove. Ma chi se ne fregava delle vesciche sui piedi, la schiena rotta, il fango e l’abbigliamento di fortuna! Tutto era bellissimo e la sera… l’osmiza o l’osteria… “un per de litri de teran, e le mule, e le cantade” e poi di nuovo a Trieste, a piedi, stanchi morti ma felici e soddisfatti.

ennioCon i tuoi amici affrontasti esplorazioni importanti come nella Grotta Guglielmo, in Lombardia. Personalmente, poi, ti occupasti di organizzare gite (allora si andava col camion), della segreteria e di contabilità sociale. Ma, come molte cose belle, anche il CAT ebbe all’epoca la sua discesa. Rimasta senza una sede la Società si sciolse e alcuni membri del Gruppo Grotte dettero vita al "Gruppo Grotte Carlo Debeljak". Tu, proprio come fa un capitano con la nave che affonda, salvasti la bandiera. Non si sa mai! Bandiera che poi Franco trovò e, incuriosito come solo gli adolescenti riescono a esserlo, ti fece il terzo grado e volle sapere tutto e vedere le foto e, …detto fatto, decise, con un gruppetto di altri sei amici, di rimettere in piedi le sorti dello sfortunato CAT. Come la prendesti? Forse, sulle prime, per quello che era: un gioco da ragazzi, ma che dopo un po’ sembravano molto più convinti e appassionati che mai. Perciò ti dicesti “Perché no? Diamogli una mano, che c’è da perdere?”.

Hai avuto ragione, piano piano il CAT risorse dalle sue ceneri (non proprio come la gloriosa fenice, ma…), sulle prime era più una compagnia di giovani che scorrazzavano per le grotte del Carso. Quando sono apparsa io sulla scena, si era poco più di venti soci e ce ne volevano cento per poter stendere uno statuto con atto notarile e diventare un vero Club (de jure, e non de facto). Parenti e amici vennero fatti soci e il CAT crebbe davvero. Tu e gli altri della tua età entraste subito in direttivo, assieme ai più giovani. Dalla minuscola sede di via San Francesco ci trasferimmo nella nostra amatissima sede di San Giacomo che trasformammo da “tugurio” in un posticino accogliente usando principalmente materiali di fortuna e tanto entusiasmo. Divenimmo di nuovo grandi. Questo nuovo CAT è stato davvero la tua creatura; sei stato da subito, e fino alla fine, disposto a dargli tutto, così come si fa con un figlio, senza chiedere niente ma soltanto il piacere di vederlo crescere sano e forte. Che dire di questi anni? Un po’ di tutto: la fraterna amicizia con il Gruppo Grotte Treviso e la famiglia di Francesco Dal Cin (el vecio Barba), le spedizioni in Canin, le ricerche e gli scavi in Carso, i campeggi, le gite sociali, la tua partecipazione attiva al direttivo, la targa San Benedetto Abate, i Convegni, ecc. Poi, per alcuni anni, ti allontanasti un po’. Non per disamore nei confronti del CAT ma perché la vita, generosa come sempre, continuava a elargirti problemi e lutti a piene mani e tu non ce la facevi più.

Quando ti riavvicinasti eri ormai vecchio, provato e stanco ma, comunque, trovasti il modo di renderti utile assistendo i nostri “muli”, impegnati allo scavo alla Grotta dei Morti, a "tenere d’occhio" il generatore di corrente…. "Si fa qualche si può!" - dicevi. La gioia quando il direttivo ti nominò Presidente Onorario fu grande, e, anche quando tu e Rina riceveste il crest dei cinquant’anni di soci. Voi, Elio e Lida Carlevaris siete stati gli unici, in fin dei conti, e tu eri l'unico ancora "attivo". Il giorno in cui la malattia all’improvviso ti colse, ti stavi occupando della mostra allestita in Kleine Berlin; che cosa si può chiedere di più? A salutarti quel giorno erano in tantissimi: parenti, conoscenti, vicini e quel che più conta c'era il tuo CAT, quello vecchio e quello nuovo. Ma perché te lo racconto? Hai visto, io lo so, ti ho sentito. Ancora una cosa ti voglio dire, non preoccuparti per la bandiera, ne avremo cura. Saluta il “Cin” e fatevi un bicchiere di vino alla nostra salute.

Ciao, vecchio orso.

Serena Milella

Da TuttoCat 2006

 

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