Una delle quindici valli a caldaja giacenti fra il bacino del Recca e la strada erariale che conduce a Fiume, è quella d'Odolina (ad oriente di Matteria) attraversata dal torrente Brasnizza, che va a finire in una grotta da noi denominata "Lethe". Tutta la valle è coperta da uno strato di terreno alluvionale molto pingue, quindi assai favorevole all'agricoltura. Gli strati sottostanti all'alluvione sono di calcare rudistico e corrono da N. a S. con un'inclinazione media di 10°. Nell'anno 1895 i membri del nostro Comitato Grotte fecero quattro spedizioni per esplorare questa grotta, ma mai venne a loro in capo, non si sa per qual motivo, di descrivere e prendere i rilievi di quest'interessante antro d'assorbimento. Decidemmo di fare noi questo importante lavoro ed ai 27 Luglio 1900 si fece la prima spedizione.
Col treno delle 6.30 ant. partii dalla stazione di St. Andrea alla volta di Cosina assieme ai consoci Milan Cencic e Gino Zaninovich. Da Cosina si proseguì per Matteria dove si giunse alle 9.30. Dopo esserci muniti del necessario materiale, ci dirigemmo alla grotta, ch'è di proprietà del barone Giuseppe de Marenzi, il quale molto volentieri ci diede il permesso di esplorarla, del che gli saremmo sempre riconoscenti. Le intrecciatissime e varie piante arrampicanti che coprono e roccie e fessure e massi, lo svolazzar degli uccelli, lo starnazzare dei piccioni, che ivi nidificano, il frangersi dell'acqua sulle balze, accompagnato dal cupo rumore prodotto dalla cascata, e l'orridezza e grandiosità della fovea opprimono l'animo del visitatore, ma non già quello dell'esploratore, che, sempre vinto da arcano fascino, non si cura degli infiniti perigli cui s'espone, si sprofonda nel regno delle tenebre eterne, lungi dalla luce del giorno, sino a quando, la capricciosa natura, dopo averlo illuso, di botto lo arresta.
Il torrente Brasnizza nasce a settentrione del Monte Javor, corre verso meriggio e riceve, prima d'arrivare ad Odolina, due affluenti, una alla riva destra e l'altro all'opposta. Il suo alveo va continuamente ingrandendo e dove viene scavalcato dalla strada che da Bac mena a Odolina, la sua inclinazione diviene maggiore, scorrendo in una gola sempre più profonda e più angusta, chiusa al limite S. E. della valle da una parete a picco alta 22 m., nella quale apresi una fessura alta 10 metri e larga 6, che si sprofonda in forma di pozzo elittico (3x6 m.), nel quale l'acqua precipita fragorosamente sul fondo, posto 34 m. sotto il livello del letto esterno. La fessura è ornata di rigogliosa vegetazione rappresentata dal Polipodium vulgare, dall'Asplenium filix foemina, Asplenium ruta muraris, Asplenium filix mas, Asplenium Trichomanes e dal Geracio silvano (Hieracium murorum). Nei pressi delle rive del torrente vi allignano il Giglio asfodelo pannocchiuto (Anthericum ramosum), la Cienta rossa (Geranium purpureum), la Vedovina dei boschi (Knautia sylvatica), la Morella (Prunella vulgaris), l'Imbutini (Campanula Trachelium), l'Aglio violetto (Allium carinatum), la Campanula carnica, rarissima per tale località non crescendo oltre Gorizia fino al Monte Ciavin. Fra le roccie cresce abbondante il Ciclamino (Cyclamen europaeum).
Alle 10.25 s'incominciò la discesa, facile perchè la siccità dominante aveva diminuito di molto l'impetuosa cascata. Il letto del ruscello, in prossimità della grotta, va sensibilmente degradando a scaglioni, l'ultimo dei quali, posto a circa 440 m. sopra il livello del mare, viene limitato da una balza alta 50 cm. che trattiene l'acqua costringendola a formar bacino. Ora descriverò il percorso sotterraneo del torrente fino al secondo pozzo (rilievo in A).
L'acqua del bacino, che si formò all'orifizio della grotta, precipita in una gora orizzontale e da questa sul fondo della prima sala da una altezza di 32 metri. L'asse maggiore di questo ambiente corre da S. O. a N. E. e misura 45 m. di lunghezza, il medio, perpendicolare al primo, è lungo 22 m. e la massima altezza è di 24 m. Come risulta dal disegno, l'acqua si raccoglie in un bacino e da questo per una grande incanalatura, o gora naturale, dove forma 3 piccole cascate, giunge al piano inferiore della sala e da qui filtrando attraverso il suolo formato da ciottoli, sabbia e detritti, arriva al punto più basso dell'ambiente, dove si raccoglie in una serie di solchi, che sboccano in un canale rasentante la parete che limita la sala. Da questo l'acqua passa in diversi bacini sottostanti a 3 rispettive cascate. L'ultimo di questi bacini giace sotto il ciglio del secondo pozzo che misura 21 m. di profondità (vedi rilievo in A).
Descritto il percorso dell'acqua fino al fondo del secondo pozzo, prenderò a descrivere la struttura del primo ambiente, comprese le sue diramazioni. La prima sala ed i suoi meandri, all'infuori del corridoio A, sono in franazione, massimamente a N. E. sul finire della sala, dove l'acqua si raccoglie. Qui sonvi dei massi che hanno persino 80 m3 di volume; fra essi trovasi sfasciume coperto d'Agaricus miurus. Questi blocchi, soffermatisi quasi parallelamente alla parete N. E. della grande sala, danno a questo sito l'aspetto d'un corridoio, il suolo del quale è attraversato dai solchi già descritti.
Un'estesa china di roccia incomincia al lato occidentale del primo ambiente, s'inclina per 23° verso la principale linea d'impluvio e va continuamente allargandosi fin dove viene limitata dalla stessa, formando così la sponda N. O. di questa gora. A S. E. principia un secondo impluvio e converge col primo in modo che dopo 14 m. di percorso si unisce a questo, formando un largo ma breve canale il cui alveo si allarga e le sponde s'abbassano confondendosi in tal modo col terrazzo inferiore della sala. Le pareti delle due gore hanno delle sinuosità, ma sono liscie; il loro letto ha molte conche, nelle quali trovansi dei ciottoli frammisti a poca sabbia. Il terzo impluvio nasce a N. O., corre parallelamente alla parete e finisce confondendosi col suolo. Questo compluvio ha un aspetto differente dai già descritti, essendo ingombro di massi franati e di detritti, che rendono impossibile precisare il punto iniziale.
Nel sito ove pare principi, trovasi una china formata da ciottoli, pietrame e argilla frammista a sabbia. Questo materiale, che costituisce il declivio mobile, continuando per un tratta nella gora, forma il letto superiore del corso d'acqua. In diversi punti della stessa sono incastrati dei grandi massi coperti di sabbia, sotto ai quali trovansi dei più piccoli; rami e foglie secche e fradice otturano i pochi vani di passaggio esistenti fra un masso e l'altro, rendendo in tal modo faticoso il procedere. Fra le molte diramazioni che partono dalla sala una delle più importanti e caratteristica è quella che principia a S. E., lunga 53 metri. È un corridoio largo in media 3 m. ed alto 2½ m., la struttura del quale differisce dalle altre perché ha delle incrostazioni e formazioni calcaree, massimamente alla fine, dove sul suolo sabbioso si formò una crosta resistente coperta da belle eflorescenze bianche. Il suolo di questo meandro, incominciando dalla grande sala, va sempre lievemente ascendendo, ma dove piega ad oriente, per un breve tratto declina e poi ascende rapidamente terminando in una fessura impenetrabile; da questa scaturisce un rigagnolo che scompare in un altro crepaccio impraticabile, il quale s'apre ai piedi della parete orientale là dove il suolo fangoso forma un impluvio.
Da qui procedendo verso la sala s'incontra un secondo rigagnoletto, che scorre in un alveo roccioso fra due alte sponde di sabbia; esso nasce presso una piccola china di roccia e dopo breve percorso si dilegua sotto la sabbia, la quale all'entrata del corridoio è piuttosto fangosa e sconvolta. Ad Ovest trovasi un altro meandro pure largo, ma basso (90 cm.), il quale termina in una fessura orizzontale impraticabile, perchè molto bassa e perché il suolo in quel punto è coperto da una melma molto liquida. Pochi metri distante dalla fessura, nella parete orientale trovasi un vano semicircolare attraverso il quale s'entra in un corridoio declinante che sbocca a Sud del maggior ambiente. Il terreno della prima di queste diramazioni dapprincipio è piuttosto pietroso, ma, incominciando dal sito ove sbocca il secondo, diviene fangoso come è quello del secondo corridoio. Quattro piccoli altri meandri s'incontrano nella parete N. O. del maggior ambiente.
Il primo di questi, dal suolo piuttosto pietroso, è posto a Ovest ed è lungo 7 m., largo 3 m.; alla sua fine le pareti si avvicinano in modo da non permettere l'avanzarsi. Un secondo vano scorgesi nel punto ove finisce la terza gora. L'iconografia di questo rassomiglia ad un parallelogramma; ciò che osservai del resto in quasi tutte le altre nicchie. Il suo suolo ascendente è argilloso e cosparso di pietre. L'abbondante stillicidio di questa nicchia si raccoglie sul terreno formando dei rigagnoli che si dileguano ben presto. Nell'ultima parete Nord della sala s'internano parallelamente i due ultimi meandri in forma di brevi ed angusti corridoi declinanti, che terminano in un foro discendente otturato da sfasciume. Siccome gli altri soci non avevano tempo a disposizione che nei giorni festivi, così solamente io ed il consocio Gino Zaninovich continuammo il lavoro d'esplorazione durante i giorni feriali.
Ai 3 Agosto giungemmo a Matteria, alle 9.30 ant.; alle 10.30 s'incominciò la discesa e conseguentemente il faticoso trasporto del materiale fino al secondo pozzo. La funicella per calare il materiale era bagnata e sporca d'argilla, perciò a chi abbassava i rottoli di scala e le corde nel pozzetto sfuggiva dalle mani, ed il materiale, doppiamente pesante perchè pregno d'acqua, colpiva l'altro che stava sotto, pronto per afferrarlo. Dovendo stare continuamente nell'acqua, eravamo scalzi ed in mutandine da bagno, perciò le parti del corpo più esposte erano necessariamente i piedi ed i polpacci. La discesa del secondo pozzo fu noiosa, perchè avendo lasciate le scarpe al principio della sala, la dovemmo far scalzi, ciò riesce malagevole nella prima metà del pozzo perché si urta colle punte dei piedi contro le pareti corrose. Già dalla scala si vedono verso ovest due cascate, rispettivamente due pozzi; superatili arrampicandosi, attraverso un terzo si perviene al caratteristico corridoio che si trova alla fine della prima sala.
Nel secondo pozzo il superfluo della scala si accumula in un laghetto nel quale vive il Niphargus stygius. Oltre al sunnominato trovammo in questo corridoio un nuovo anfibio il cui nome lo pubblicheremo subito che verrà studiato. La grotta continua a E. N. E. in forma di corridoio largo in media 1.20 m. ed alto 16 m. le sue pareti sono quasi parallele e, come quelle delle gore, sono sinuose e levigate. A 14 m. dal punto ove pende la scala, il corridoio piega bruscamente quasi a N. N. O., continua in questa direzione, allargandosi repentinamente pochi metri prima di sboccar nella seconda sala. Nel sito ove raggiunge la sua massima larghezza trovasi un lago abbastanza profondo; per continuare si deve attraversarlo, ciò che ci riuscì seccante, essendo noi sprovvisti del legname necessario. Da questo lago l'acqua passa in uno più piccolo e poi per mezzo di gore inclinate e piccoli salti arriva sul fondo della seconda sala, ove si perde fra i ciottoli, la sabbia ed i detritti, costituenti il suolo di quest'ambiente, lievemente inclinato. Esso corre da E. S. E. a O. N. O. ed è lungo 18 m., largo 10 e alto 18 m. Nel mezzo della volta scorgesi una tetra fessura dalla quale precipita una cascata d'acqua limpidissima.
A S. S. E. evvi l'imboccatura d'un corridoio ascendente lungo 14 m., largo 5 m. e altro 2 m. terminante in due camini inclinati dai quali provengono dei rigagnoli che scorrono in profondi solchi e spariscono sotto il terreno della sala. Il suolo di questo corridoio è formato da sabbia mescolata ad argilla e pietre. Vicina la parete posta a levante, trovasi un mucchio di sfasciume tra il quale si notò una tavola abbandonata probabilmente dagli anteriori esploratori. Sul finire della sala, e precisamente sotto la parete O. N. O., trovasi una piccolo china di ciottoli, sopra la quale l'acqua depose una quantità di rami d'albero, frasche, foglie ecc. la volta verso O.N.O. va gradatamente abbassandosi, ma le pareti invece si avvicinano repentinamente lasciando al terzo pozzo un ciglio largo appena 1 m.; perciò i massi franati s'incastrarono in quel punto lasciando un'apertura alta appena 1½ m. Per mancanza di materiale e per l'ora tarda dovemmo ritirarci dopo aver lavorato 7 ore, sotto le condizione già descritte, più una buona inzuppata, causata dal grande stillicidio.
La terza spedizione si fece Domenica 12 Agosto 1900, alla quale poterono prender parte anche i signori A. Calafati e R. Konviczka. Questa volta partimmo dal Caffe Chiozza alle 5.30 ant. diretti a Borst, da qui il treno proveniente da Trieste ci trasportò a Cosina, donde proseguimmo per Matteria. Si trasportò anche nuovo materiale, perchè quello depositato a Matteria era insufficiente. Alle ore 11 s'incominciò la discesa nel terzo pozzo. Devo ringraziare i signori A. Calafati e R. Konviczka che ci aiutarono il primo a trasportar il materiale, osservare le temperature e raccogliere gli insetti interni; il secondo perchè fece una numerosa raccolta di tutte le piante ed insetti che si trovavano all'entrata. La discesa nel terzo pozzo è piuttosto pericolosa perchè le pietre accumulate sui ripiani, formati da blocchi incastrati fra le pareti, per lo sfregamento della scala cadono facilmente.
Già dall'orlo del pozzo si vede che la terza sala è molto grande; il suo asse maggiore corre nella stessa direzione di quello dell'ultimo ambiente, ed ha 48 m. di lunghezza; la larghezza varia fra i 6 m. e 12 m., nel mentre l'altezza è quasi costante, cioè di 25 m., ed il suolo è costituito da ciottoli e pietre; inoltre da massi errosi dall'acqua. Circa dal mezzo della volta precipita fragorosamente fra i massi una seconda cascata libera. Giacendo questo ambiente sotto il letto esterno del torrente, sarà probabile che questa cascata sia originata da spandimenti dell'alveo esterno. L'abbondante acqua portata da questa cascata, precipita su d'un aggruppamento di massi errosi e poi si dilegua filtrando attraverso il suolo leggermente inclinato in direzione dell'asse.
Alla base della parete meridionale di quest'ambiente scorgonsi due aperture semicircolari, attraverso la prima si entra in una caverna ascendente, dal suolo fangoso e cosparso di pietre; anche in questo meandro l'acqua formò nella melma dei solchi che scompaiono confondendosi col suolo della terza grande sala. Già all'entrata della seconda diramazione si sa che questa dev'essere molto grande, perché la eco è considerevolmente lunga; anche qui vi è la china ascendente di sabbia e argilla cosparsa di pietre; ma differisce però dalla prima essendo un vero pantano. Per non sprofondarci nella melma sino alle ginocchia, camminavamo pel letto sabbioso d'una corrente d'acqua, ma ahimè! come si poneva il piede nell'alveo le sponde sabbiose che stavano dietro al tallone crollavano, e l'acqua repentinamente arrestata inondava gli stivali. Dopo altri consimili incidenti si giunge finalmente in una sala di forma ellittica il di cui asse maggiore corre da E. N. E. a O. N. O. e misura 17 m. di lunghezza. Le pareti corrono verticalmente parallele ad una distanza di 7 m., e s'immergono nell'insquarciabile oscurità, ove tutto si confonde. Il suolo sabbioso di quest'ambiente è piuttosto asciutto.
Ritorniamo ora alla base della terza sala; la parete O. N. O. di questa va rapidamente abbassandosi, lasciando per accesso al penultimo corridoio una fessura larga 3 m. ed alta appena 90 cm.; attraversando a carponi questa per la lunghezza di 3 m., si perviene nel penultimo corridoio che dapprima corre per 26 m. a settentrione, poi piega e continua in direzione O. N. O. La sua media larghezza è di 425 m. fino al gomito, indi si restringe a 3 m. per allargarsi nuovamente. Presso la fessura la volta s'eleva dapprima nuovamente poi rapidamente, raggiungendo un'altezza massima di 20 m. a una distanza di 37 m. dalla fessura, sopra un ponte naturale che congiunge le due pareti. Il suolo dinanzi la fessura declina per un breve tratto, poscia ascende per declinare sempre fino all'ultimo pozzo.
Passata la fessura, s'incontra un grande masso che appena appena permette il passaggio senza scavalcarlo. Questo blocco trattiene il materiale trasportato dall'acqua, costringendolo a formare un piano inclinato diretto contrariamente al filo dell'acqua. Su tutta la superficie del corridoio sono sparse delle grandi pietre e dei blocchi che trattengono i detritti rocciosi, i ciottoli e la sabbia, che formano in tal modo dei piccoli terrazzi. Dove il corridoio cambia direzione trovasi un deposito di sabbia mescolato a ciottoli. Verso E. N. E., sul finire di questo meandro, trovasi una nicchia avente quasi la stessa forma delle già menzionate, solamente il suolo sabbioso e coperto da ciottoli è orizzontale. Lungo le pareti, ed in fondo alla nicchia, s'accumulò una grande quantità di sfasciume, sotto il quale facilmente vi esisteranno dei fori di scarico. Ad occidente della nicchia apresi un pozzo diviso da parecchi massi corrosi dall'acqua. Il fondo del pozzo potevasi scorgere, ma l'insufficienza di attrezzi non ci permise all'ulteriore avanzata; sicchè vedemmo la luce dopo esser stati per 6 ore e mezzo nella grotta. Nella ritirata ci riunimmo al sig. Calafati che ci attendeva angosciosamente in prossimità al terzo pozzo. Egli rimase per qualche ora nella perfetta oscurità, non avendo noi uditi i suoi segnali perchè eravamo da lui assai distanti.
La quarta esplorazione si fece il giorno 14 Agosto; la giornata era incostante, pioggia e sole s'alternavano, tuttavia io ed il consocio Zaninovich ci dirigemmo alla volta di Matteria. Alle 10.10 s'incominciò il lavoro trasportando il necessario materiale per continuare l'esplorazione. Dopo molta fatica si giunse all'ultimo pozzo che richiede 10 m. di scala. La volta del corridoio superiore si abbassa rapidamente, indi continua orizzontale; sul fondo del pozzo trovasi un lago alimentato da diversi rigagnoli che provvengono da una nicchia posta ad occidente. Dal lago per un'apertura alta appena 50 cm. si passa in un corridoio che va da N. N. E. a S. S. O.; vicino la parete N. O. di questo protendevasi una piccola lingua di sabbia, senza la quale i rilievi del corridoio non potevano venir eseguiti. Tutto il meandro è allagato dall'acqua che proviene dal primo bacino e da quello che precipita da un foro posto nel mezzo della volta. Tutti e due tentammo di guadare questo lago, ma inutilmente, ci affondavamo nella melma e la cascata soprastante minacciava di affogarci. Questa volta il lavoro interno durò 8 ore continue, per la qual cosa si dovette ritornare pedestri in città appena alle 2 del mattino.
Io e Zaninovich femmo ancora due spedizioni in questa grotta, le prime per compiere i rilievi e l'ultima per estrarre il materiale; si presero anche le varie direzioni degli strati che da S. E. a N. O. principiano con una inclinazione di 42° per finire con 48°, mentre da S. O. a N. E. dapprima hanno una inclinazione di 25° ed alla fine della grotta 22°. Riguardo alle temperature si fecero diverse osservazioni, delle quali quella del 12 Agosto credemmo opportuno d'esporre nei piani. Non si potè esplorare completamente questa grotta sì interessante, perché il movimento vorticoso dell'acqua, le piccole dimensioni del corridoio e la momentanea mancanza di lampade apposite impedivano d'avvanzarsi senza gravi pericoli. La completa esplorazione di questa grotta è quindi per forza maggiore rimandata ad altra occasione.
Agostino Bastiansich
Club Touristi Triestini, 1895