Ci si mette un po' a trovarla, saltellando tra le grize e i karren poco marcati, nascosta per bene sul fianco di una piccola dolina, quasi invisibile, la grotta Natale. Un ingresso modesto mascherato d'estate dagli arbusti spinosi, d'inverno circondato dai muschi e qualche volta rinfrescato dalla neve. Silenziosa e discreta, se ne sta lì in attesa che qualcuno la vada a trovare, consapevole di non avere altro da offrire che le sue sensibili e vulnerabili bellezze, no grandi gallerie, no pozzi profondi e nemmeno meandri impegnativi ma semplicemente una finestra sotterranea pronta a regalare un paio d'ore di calma e luccichii infiniti. Ed era proprio questo che Patricia ed io volevamo: un po' di frescura dal caldo afoso emanato dall'asfalto a luglio, il silenzio incessante lontano dalla costa, il brillare della calcite davanti agli occhi e la compagnia di un'amica. Patricia, dalla Romagna in visita a Trieste, aveva espresso il desiderio di fare una tranquilla escursione proprio in questa grotta, aveva visto delle foto e sentito parlare delle magnifiche concrezioni calcitiche.
Impazienti d'entrare, dopo le numerose spine sulle gambe e l'incubo delle zecche, pensavamo già a dove andare a mangiarci il gelato una volta uscite. La discesa tranquilla e lineare nell'ultima parte regala una piccola emozione con un breve tratto di corda lontano dalle pareti, provocando l'entusiasmo della romagnola abituata alle grotte nei gessi con morfologie molto diverse da quelle del Carso. Era da tanti anni che non entravo alla Natale ed ero veramente contenta di poter condividere con un'amica il ritorno in una delle prime grotte classiche che si fanno, testimone di tanti “battesimi” di neofiti esploratori. Abbandonate le attrezzature superflue e solo con la macchina fotografica ci dirigiamo verso la galleria discendente che si apre subito e senza timori come le quinte di un teatro. Il magnifico colpo d'occhio iniziale spinge lo sguardo verso il fondo facendo tralasciare i particolari, si continua a camminare piano.
Iniziamo a guardare bene il pavimento, le concrezioni, le pareti e il silenzio tra noi due è più forte di quello del buio circostante, basta un attimo per capire che entrambe siamo deluse, schifate e terribilmente infastidite per la quantità assurda di carburo esausto sparsa in giro per la grotta, per le scritte e i disegni sulle stalagmiti e colonne, per la violenza senza senso fatta a questo ambiente così semplice. Andiamo ancora avanti, in ogni punto anche il più impensabile, segni del passaggio di qualcuno che ha voluto sfogare la propria limitata intelligenza su chi non può difendersi. Questi non sono speleologi, grottisti, esploratori o come si vuole definire chi del mondo sotterraneo ha fatto la propria passione, anche se hanno le capacità tecniche e l'attrezzatura necessaria a scendere fin qua sotto, non c'entra la questione carburo o batterie, sono delle “persone” che in qualsiasi posto e con qualsiasi mezzo lasceranno il segno dei loro problemi, in quanto incapaci di esprimersi in altro modo. Patricia, sentendo le mie imprecazioni, scatta comunque qualche foto. Ritorniamo verso la base del pozzo voltandosi ogni tanto indietro a guardare quelle chiazze biancastre. Mentre risalgo lungo la corda prometto alla grotta che qualcosa verrà fatto, prometto di aiutarla in qualche modo, per quanto possibile, prometto di chiedere i rinforzi e venire a ripulirla. Sono passati cinque mesi ma il pensiero della pulizia della Natale è sempre rimasto vivo coadiuvato e rafforzato dai soci del gruppo, soprattutto dai nuovi arrivati che hanno appena finito il corso di primo livello di speleologia. È interessante vedere come le persone cambiano e maturano ma l'entusiasmo di chi si appassiona all'esplorazione e alla conoscenza non cambia ed è uguale a quello di chi inizia appena a capire cosa e perché sta scendendo, spingendolo a compiere dei gesti importanti a salvaguardare per se e per gli altri quello che ama. Approfittando delle imminenti feste natalizie e dell'organizzazione di Moreno, abbiamo deciso di fare noi, una volta tanto, un regalo alla Natale.
Armati di palette, spugnette, acqua, spazzole e sacchi neri abbiamo pazientemente raccolto e ripulito il più possibile il carburo esausto e le scritte sulla calcite, solamente alcune datate 1956 sono state lasciate, giustificando in qualche modo il coraggio dell'epoca, anche perché inglobate all'interno del minerale e forse, facenti parte ormai della grotta. L'esperienza e l'entusiasmo hanno lavorato assieme riempendo i sacchi neri che sono stati poi trasportati all'esterno. Attesa gelida fuori dall'ingresso, pratica d'armo per l'attrezzamento della discesa e ulteriore esperienza in grotta per gli ex corsisti, piccola “lezione” di normale rispetto e sensibilizzazione, verso gli altri e l'ambiente, qualche perlustrazione alla ricerca della provenienza di un incostante soffio d'aria, un'occasione per stare insieme ...insomma un piccolo esempio delle molteplici sfaccettature della speleologia.
Clarissa Brun
FOTO GALLERY di Daniela P.
Articolo scritto su TUTTOCAT 2009